Se non siete vegani, la mia domanda è: Perché no?

Gary L. Francione
8 min readMar 6, 2019

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Si potrebbe pensare che essere vegani –ovvero non mangiare, indossare, o usare animali, sia strano. Si potrebbe addirittura ritenere che il veganismo sia estremo.

Ma, a dire la verità, stante ciò che la maggior parte di noi ritiene siano i nostri obblighi morali verso gli animali, ciò che è strano ed estremo è il fatto che i vegani non siano di più. Per dirla in altre parole: ciò che la maggioranza pensa dovrebbe rendere il veganismo la normalità.

Prima di bollare a priori come estrema la mia affermazione che il veganismo non è estremo, riflettete su ciò che voi pensate degli animali. Probabilmente non pensate che gli animali siano solo cose che non hanno nessun valore morale, o non leggereste questo saggio.

Probabilmente siete d’accordo con l’idea che è talmente comune e incontestabile che potremmo definirla la convinzione comune quando si tratta di animali: gli animali hanno sì un valore morale, ma tale valore è inferiore a quello degli umani, e questi ultimi possono usarli per i propri scopi a condizione di non causare loro sofferenza e morte senza un buon motivo. Parte di questa idea è che se il termine “buon motivo” ha un qualche significato in questo contesto, allora il piacere o il divertimento non possono giustificare il fatto di causare loro sofferenza e morte.

Poiché rifiutiamo di causare sofferenza agli animali per trarne piacere, ci scagliamo violentemente contro persone come il giocatore di football americano Michael Vick, che organizzava combattimenti fra cani; o Mary Bale, che ha gettato un gatto in un cassonetto dell’immondizia a Coventry; o Walter Palmer, il dentista di Minneapolis che ha sparato al leone Cecil.

L’idea che accomuna molti di noi, ossia il rifiuto di infliggere sofferenza ad un animale o ucciderlo per piacere o divertimento, spiega i risultati di un sondaggio pubblicati nel maggio 2017, nel quale quasi il 70% dei Britannici interpellati si dichiaravano contro la caccia alla volpe, e la metà di questi verosimilmente non avrebbe votato per candidati a favore della caccia nelle elezioni politiche. Un sondaggio del 2016 indicava che, oltre all’opposizione maggioritaria alla caccia alla volpe, un numero significativo di persone nel Regno Unito si opponeva alla caccia al cervo (88%), alla caccia alla lepre (91%), ai combattimenti fra cani (98%), e al combattimento fra tassi e cani (94%). La maggior parte dei Britannici inoltre obietta al fatto che i reali si divertano a spazzar via schiere di uccelli durante il Boxing Day (26 Dicembre).

Se siete d’accordo con l’dea che è moralmente sbagliato causare sofferenza agli animali senza un buon motivo e non siete vegani, allora la mia domanda è:

Perché no?

Uccidiamo ogni anno 70 miliardi di animali terrestri e un numero di animali marini stimato in un trilione. E giustifichiamo tutto ciò con il fatto che hanno un buon sapore. Traiamo piacere dal mangiare animali e prodotti animali.

Non esiste nessuna necessità.

Sebbene in un passato non troppo remoto pensassimo di avere bisogno di prodotti di origine animale per essere in salute, non è mai esistita nessuna prova scientifica a supporto di tale affermazione e, in ogni caso, nessuno ormai sostiene più che sia necessario consumare prodotti animali per godere di una salute ottimale. L’americana Academy of Nutrition and Dietetics afferma che le diete vegane “sono salutari, nutrizionalmente adeguate, e possono apportare benefici alla salute nella prevenzione e la cura di alcune malattie”. La National Health Service britannica dice che una dieta vegana consapevole può essere “molto sana”. Sempre più spesso i più importanti professionisti della salute in tutto il mondo affermano che i prodotti animali sono dannosi per la salute umana. Persino i grandi gruppi assicurativi stanno promuovendo il veganismo.

Non è tuttavia necessario stabilire se sia più sano adottare una dieta di frutta, verdura, cereali, frutta secca e semi (sebbene le prove empiriche puntino chiaramente in questa direzione). Il punto è che una dieta vegana non è certamente meno sana di una dieta fatta di carne in decomposizione, secrezioni bovine e ovuli di gallina. E questo è l’unico punto rilevante per stabilire se la sofferenza e la morte siano necessari oppure no.

L’allevamento inoltre sta causando un disastro ecologico. È responsabile dell’emissione di una quantità di gas serra maggiore di quelli derivanti della combustione dei carburanti fossili usati per i trasporti, e causa deforestazione, erosione del suolo e inquinamento delle acque. I cereali con cui vengono nutriti gli animali nei soli Stati Uniti potrebbero sfamare 800 milioni di persone. In questo contesto, qual è la migliore giustificazione della sofferenza e della morte che infliggiamo agli animali?

La risposta è semplice: riteniamo che abbiano un buon sapore. Mangiarli ci procura piacere. Mangiare animali e prodotti di origine animale è una tradizione molto antica..

Ma in che modo questa posizione è diversa dal giustificare l’uso di animali per scopi ai quali la maggior parte di noi è contrario? In che modo il piacere del palato è diverso dal piacere che alcuni traggono dal partecipare a sport sanguinari? Caccia alla volpe, combattimento fra tassi e cani, combattimento fra cani sono tutte tradizioni. Di fatto, quasi ogni pratica alla quale siamo contrari –sia che riguardi gli animali che gli esseri umani — coinvolge una tradizione importante per qualcuno. Il patriarcato è anch’esso una tradizione che esiste da moltissimo tempo, ma la sua longevità non lo rende moralmente accettabile.

Molti si oppongono alla caccia alla volpe perché non vedono nessuna differenza moralmente significativa fra il cane a cui vogliono bene e la volpe che viene inseguita e uccisa. Ma allora qual è la differenza fra gli animali a cui vogliamo bene e quelli nei quali infilziamo la forchetta e il coltello? I cani e i gatti che amiamo sono senzienti — esattamente come i polli, le mucche, i maiali e gli altri animali che sfruttiamo. Tutti sentono dolore e provano sofferenza; tutti hanno un interesse nel continuare a vivere.

Perciò, se pensate che non è giusto causare sofferenza ad un animale o ucciderlo senza un buon motivo e siete contrari ai combattimenti fra cani, alla caccia alla volpe, ed altri sport sanguinari, perché non siete vegani?

A questo punto di solito ricevo una delle seguenti quattro risposte.

La prima risposta è diretta a farmi notare che chi partecipa alla caccia alla volpe o si diverte ad assistere ai combattimenti fra cani o alle corride partecipa direttamente al comportamento dannoso, laddove chi consuma semplicemente prodotti animali va innocentemente al supermercato e acquista quei prodotti.

Da un punto di vista morale non esiste differenza fra chi fa combattere un cane o dà la caccia alla volpe e chi acquista il pollo al supermercato e lo fa al forno. In tutti e tre i casi la sofferenza e la morte degli animali avviene senza un buon motivo. In tutti e tre i casi, la ragione per la sofferenza e la morte è il piacere. Quelli che fanno combattere i cani o danno la caccia alla volpe lo fanno perché gli piace; gli procura piacere. Quelli che comprano e mangiano il pollo lo fanno perché gli piace; gli procura piacere.

Può esistere una differenza psicologica nel fatto che chi fa combattere un cane e il cacciatore di volpi si divertono a partecipare all’attività in cui l’animale viene ucciso — così come esiste una differenza psicologica fra chi paga perché una persona venga assassinata e chi effettivamente commette l’assassinio. Ma in questo ultimo caso sia chi paga per l’assassinio chi lo commette sono puniti come assassini perché la legge non riconosce nessuna differenza fra i due da un punto di vista morale.

La seconda risposta suona più o meno così: “si, sono d’accordo con ciò che dice ma io compro solo cibo prodotto in maniera “umana”, come uova di galline allevate a terra e maiali liberi.”

Questa risposta è illusoria e sostanzialmente insoddisfacente

È illusoria perché gli animali trattati nella maniera più “umana” sono comunque trattati in modi che sarebbero considerati tortura se applicati agli esseri umani. Se mangiate prodotti animali cosiddetti “felici” e pensate che quegli animali abbiano avuto vite ragionevolmente piacevoli e una morte relativamente indolore, vi prendete in giro.

Tale risposta è sostanzialmente insoddisfacente perché il principio morale che la maggior parte di noi adotta è che non dovremmo mai causare agli animali sofferenza e morte senza un buon motivo. Ovviamente una sofferenza minore è preferibile ad una sofferenza maggiore, ma non è questo il punto. Nessuno di coloro che si oppone ai combattimenti fra cani sostiene che sarebbe un’attività accettabile se i cani fossero trattati meglio prima del combattimento. Nessuno di coloro che si oppongono alla caccia alla volpe non si opporrebbe se la quantità di tempo in cui ai cani è permesso di attaccare la volpe fosse meglio regolata e limitata nella durata.

La terza risposta è che gli animali vengono uccisi anche nella coltivazione di piante usate per l’alimentazione.

È senz’altro vero che gli animali vengono uccisi accidentalmente anche durante i raccolti, per fare un esempio. Ma anche gli esseri umani restano uccisi nel processo di produzione dei beni. Ciò non significa che non facciamo distinzione fra morti accidentali e morti per omicidio. Inoltre se tutti consumassimo le piante direttamente, ci sarebbero molti molti meno ettari coltivati e molti molti meno morti accidentali fra gli animali.

La quarta risposta è quella secondo cui le piante, come gli animali, sono vive e, pertanto, senzienti.

Le piante sono senz’altro vive e spesso sviluppano reazioni complesse nei confronti del proprio ambiente. Reazioni; non risposte. In questo senso, le piante sono come le cellule cancerogene. Nessuno sostiene che le piante abbiano una qualsivoglia tipo di mente che le porta ad avere degli interessi. In realtà, nessuno pensa neppure a sollevare questa questione finché non si trova a cena con un vegano e pensa che l’argomentazione “Hitler era vegetariano” non sia molto convincente.

In definitiva, se davvero crediamo che gli animali abbiano un valore morale e che noi abbiamo il dovere morale di non causare loro sofferenza senza un buon motivo, non ha senso non essere vegani. Stante ciò che la maggioranza di noi afferma di credere, l’estremismo è non essere vegani.

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Gary L. Francione è vegano da 36 anni a non è ancora morto.

Questo saggio è stato tradotto da Samuela Bernetti.

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Gary L. Francione
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Written by Gary L. Francione

Gary L. Francione is Board of Governors Distinguished Professor of Law at Rutgers University and Visiting Professor of Philosophy at the University of Lincoln.

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